di Mauro Gallegati
"Caro Beppe e cari blogger,
come ben noto, l'Università italiana è afflitta da molti mali: dalle baronie accademiche ad un tasso di abbandono studentesco drammaticamente elevato, a docenti che "vanno in pensione" a 40 anni. Fra i tanti mali, la nostra Universià soffre di un finanziamento insufficiente per sostenere le idee che i giovani studenti e ricercatori vorrebbero sviluppare; un problema che si fà ancora più stringente quando le idee in questione sono un pò fastidiose per le correnti di pensiero "dominanti".
Questo è il caso della ricerca economica sui temi della decrescita felice. Tanto più ci si accorge che il modello di sviluppo, che ha garantito il benessere materiale per il 10% della popolazione mondiale mettendo a rischio l'ambiente ed il futuro, è in crisi e che un'inversione di rotta sarebbe urgente e necessaria, tanto più siamo sotterrati dai nostri stessi rifiuti e resi infelici una crescita economica fine a se stessa, tanto meno vengono cercate soluzioni alternative.
Per questo Maurizio Pallante ed io ci rivolgiamo a voi: vorremmo lanciare una sottoscrizione per finanziare 2 assegni di ricerca per 18 mesi (costo complessivo 58mila euro) per ricerche sui temi della decrescita felice. In particolare, ci piacerebbe approfondire i temi dell'efficienza energetica e delle sue ricadute sull'occupazione e l'ambiente, e di un modello di sviluppo non più basato sul solo aumento quantitativo del PIL. Le risorse di cui disponiamo non sono sufficienti ed abbiamo bisogno dell'aiuto tuo e dei lettori del blog per raccogliere dei fondi da destinare a queste ricerche e da investire in assegni di ricerca e soprattutto nel nostro futuro.
Un abbraccio."
La Decrescita Felice è una filosofia secondo la quale il benessere di una socità non può essere misurata solamente in termini di crescita di PIL. Infatti sono frequenti le situazioni in cui ad un aumento del PIL si riscontra una diminuzione della qualità della vita. Il Prodotto Interno Lordo non costituisce uno stimatore della crescita dei beni prodotti, ma della quantità di prodotti scambiati con denaro. Esso non misurerebbe, quindi, la crescita dei beni e del benessere, ma solo quella delle merci e degli scambi di tipo mercantile.
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